lunedì 18 febbraio 2013

GIOVANI DEMOCRATICI SENIGALLIA: PERCHÉ VOTARE PD

Le Primarie sono state una sfida. Una sfida che il PD ha vinto mettendosi in gioco e rinnovandosi.
Attraverso le Primarie per i parlamentari entrerà alla Camera e al Senato circa un 50% di nuovi onorevoli e senatori, tra cui un 40% di donne. Un obiettivo che il Partito Democratico ha raggiunto tramite il voto degli elettori di centrosinistra, sia per la scelta del candidato Premier, sia per la scelta dei candidati al Parlamento che, nonostante l’attuale legge elettorale, rappresenteranno il proprio territorio di provenienza ( solo il 10% dei candidati è in quota PD nazionale).Gli altri partiti hanno provato a seguirci, ma si sono arenati nella spiaggia della democrazia, fallendo.

L’Italia deve puntare nell’istruzione e nella ricerca, elementi necessari per lo sviluppo culturale e lavorativo di queste e delle nuove generazioni. Questi punti sono nel programma del PD assieme alla green economy e allo sviluppo del settore agricolo, che rappresentano due ambiti in cui l’Italia dovrebbe investire per creare nuovi posti di lavoro e far ripartire l’economia del nostro paese.

Non possiamo parlare di economia senza interessarci di Europa e non possiamo parlare di Europa senza citare i progetti Leonardo ed Erasmus, che proiettano noi studenti verso una realtà internazionale di fusione culturale. Oltre i vincoli che legano l’Italia, come gli altri paesi comunitari alle norme di Bruxelles, l’Europa deve essere vista come bacino di opportunità e di sicurezza per la nostra economia nazionale e per la formazione del cittadino europeo. Gli Stati Uniti d’Europa restano un obiettivo lontano ma meta di un percorso già iniziato.


Votare PD significa credere che un Italia migliore esiste. 
Che un Paese normale è possibile. Significa ridare alla nostra nazione la dignità internazionale che merita e che ha perso in questi anni. Scegliere il Partito Democratico vuol dire andare oltre i vuoti slogan populisti e lavorare assieme per il Bene Comune. 


mercoledì 13 febbraio 2013

L'EUROPA DELLE OPPORTUNITÀ, L'EUROPA DI TUTTI


L’immagine e la credibilità dell’Italia nel mondo sono state lesionate dalla cupa stagione berlusconiana. Proseguire nell’azione di recupero pieno del ruolo e del prestigio che compete al nostro Paese è un dovere civico e politico che ci consente di guardare al futuro con la convinzione di poter esprimere compiutamente la grande tradizione europeista dell’Italia fino al suo approdo federale, come postulato con visione profetica da Alcide De Gasperi, Luigi Einaudi e Altiero Spinelli. Dalla crisi non si esce con le ricadute nell’euroscetticismo, ma con più Europa. Attraverso, dunque, il governo dell’Euro e la sua stabilizzazione; attraverso la sottolineatura che non può esserci benessere senza lavoro; attraverso la capacità reale di mettere la finanza sotto controllo, perché gli affari non possono essere condotti senza regole: sono questi i termini di una visione europeista moderna e solidale che giustifica una razionale e misurata cessione di sovranità nazionale.
La crisi che scuote il mondo mette a rischio l’Europa e le sue conquiste di civiltà. Ma noi siamo l’Europa, nel senso che da lì viene la sola possibilità di salvare l’Italia: le sorti dell’integrazione politica coincidono largamente col nostro destino. Non c’è futuro per l’Italia se non dentro la ripresa e il rilancio del progetto europeo. La prossima maggioranza dovrà avere ben chiara questa bussola: nulla senza l’Europa.
Per riuscirci agiremo in due direzioni. In primo luogo, rafforzando la piattaforma dei progressisti europei. Se l’austerità e l’equilibrio dei conti pubblici, pur necessari, diventano un dogma e un obiettivo in sé – senza alcuna attenzione per occupazione, investimenti, ricerca e formazione – finiscono per negare se stessi. Adesso c’è bisogno di correggere la rotta, accelerando l’integrazione politica, economica e fiscale, vera condizione di una difesa dell’Euro e di una riorganizzazione del nostro modello sociale. In secondo luogo, bisogna portare a compimento le promesse tradite della moneta unica e integrare la più grande area economica del pianeta in un modello di civiltà che nessun’altra nazione o continente è in grado di elaborare.
Salvare l’Europa nel pieno della crisi significa condividere il governo dell’emergenza finanziaria secondo proposte concrete che abbiamo da tempo avanzato assieme ai progressisti europei. Tali proposte determinano una prospettiva di coordinamento delle politiche economiche e fiscali. E dunque nuove istituzioni comuni, dotate di una legittimazione popolare e diretta. A questo fine i progressisti devono promuovere un patto costituzionale con le principali famiglie politiche europee. Anche per l’Europa, infatti, la prossima sarà una legislatura costituente in cui il piano nazionale e quello continentale saranno intrecciati stabilmente. Una legislatura nella quale l’orizzonte ideale degli Stati Uniti d’Europa dovrà iniziare ad acquistare concretezza in una nuova architettura istituzionale dell’eurozona.
Qui vive la ragione più profonda che ci spinge a cercare un terreno di collaborazione con le forze del centro liberale. Per questo i democratici e i progressisti s’impegnano a promuovere un accordo di legislatura con queste forze, sulla base della loro ispirazione costituzionale ed europeista e di una responsabilità comune di fronte al passaggio storico, unico ed eccezionale, che l’Italia e l’Europa dovranno affrontare nei prossimi anni. Collocare il progetto di governo italiano nel cuore della sfida europea significa costruire un progetto alternativo alle regressioni nazionaliste, anti-europee e populiste, da sempre incompatibili con le radici di un’Europa democratica, aperta, inclusiva.

DOVE IL LAVORO COSTRUISCE LA VITA

Apprendistato: E’ condivisa l’affermazione che l’apprendistato deve essere lo strumento principale d’accesso dei giovani al lavoro ma, proprio per questo, non si capisce come sia possibile con il permanere di quasi tutte le attuali forme di lavoro precario alternative e concorrenziali con all’apprendistato. E’ incomprensibile, quindi, che non si sia proceduto alla cancellazione dei tirocini extracurriculari parlando genericamente di “delineare con le regioni un quadro più razionale ed efficace”.
E’ positiva la previsione del 50% di stabilizzazioni per utilizzare nuovamente l’apprendistato ma non si condivide lo sperpero di oltre 2 miliardi di € solo nella parte instabile dell’apprendistato. Senza che una parte degli attuali incentivi siano utilizzati per rendere più conveniente la stabilizzazione c’è il serio rischio che l’utilizzo dell’apprendistato sia minore che nel passato.

Costo del lavoro: Si condivide il principio di fare costare di più il lavoro parasubordinato e a partita iva per ridurre gli abusi, ma la strada intrapresa è poco convincente e penalizzante per i lavoratori. Non s’incide, infatti, sulla parte importante del costo del lavoro (compensi e protezione sociale 40/50% di costo in meno rispetto ai dipendenti) e si aumenta l’aliquota previdenziale al 33% che, in assenza di una regolazione dei compensi, viene scaricata sul reddito netto dei lavoratori. Si parificano questi lavoratori ai dipendenti ma si lasciano grandi ingiustizie come il minimale molto più alto o la contribuzione sociale lasciata allo 0,72% contro il 7/10 % che versano le imprese per i dipendenti. E’ gravissimo, inoltre, l’aumento dell’aliquota anche per le lavoratrici e lavoratori indipendenti con partita iva, che pagano da soli i contributi, quando per tutti gli altri lavoratori autonomi iscritti all’Inps ci si è attestati al 24%.

Contrasto agli abusi: E’ evidente che oltre agli innumerevoli modi di aggirare i limiti posti per le Partite Iva, sia alquanto improbabile il ricorso al giudice per lavoratori impegnati in attività professionali riferibili, in gran parte, a piccolissime imprese e con tempi della giustizia di circa 4 anni avendo come prospettiva un risarcimento di poche mensilità. Dai nuovi provvedimenti di contrasto al lavoro finto dipendente, inoltre, rimangono inspiegabilmente esclusi gli iscritti agli ordini, la pubblica amministrazione e gli enti di promozione sportiva dove si annidano una parte ampia degli abusi utilizzando le vecchie co.co.co. Non ci sono incentivi significativi per chi assume collaboratori e partite iva. E’ positiva la regolazione contrattuale delle mansioni esecutive e ripetitive su cui non si possono più fare contratti a progetto ma vanno regolati contrattualmente anche i compensi e il lavoro degli atipici, altrimenti non ci sarà mai il superamento del ricatto della parte dominante sulla parte debole e va ripristinato quel controllo sociale indispensabile per ridurre effettivamente gli abusi. Basta chiedersi come mai dove sono presenti le regolazioni collettive gli abusi sono a livelli fisiologici, mentre dove non ci sono esplodono soprusi e sfruttamento.

Ammortizzatori e tutele sociali: Non si crea una protezione universale perché si riducono le attuali coperture per il lavoro subordinato senza allargarlo al lavoro parasubordinato e ai professionisti. E’ positiva la previsione per i collaboratori coordinati e continuativi del rafforzamento della cosi detta “una tantum”. Non è previsto, però, nessun ammortizzatore sociale per tutti gli altri lavoratori iscritti alla gestione separata a partire dalle partite iva. Per tutti i precari, inoltre, non è previsto l’accesso ai fondi per la formazione continua, non è previsto nemmeno l’accesso ai nuovi fondi bilaterali di protezione sociale. E’ auspicabile l’effettiva universalità delle protezioni sociali. Con le proposte di riforma si sostiene, al contrario, che un vero collaboratore o professionista a partita iva non abbiano diritto a protezioni sociali in caso di malattia, maternità, infortunio, ammortizzatori sociali, formazione, regolazione dei compensi, tempi di pagamento, ecc.

Politiche per l’impiego: L’obbiettivo di potenziare i servizi per l’impiego è condivisibile ma al momento privo di indicazioni pratiche. Va creato un fondo per potenziare i servizi pubblici all’impiego legando le risorse ai risultati ottenuti, vanno create le condizioni una gestione coordinata e un indirizzo unitario le competenze tra stato regioni enti locali e parti sociali, vanno messi in relazione i servizi all’impiego con la formazione professionale e le politiche attive e si devono fare i bilanci e la certificazione delle competenze su tutto il territorio nazionale.
Art. 18 Le misure proposte dal Governo sull’Art. 18, infine, rischiano di togliere ulteriore dignità al lavoro.

Non accettiamo l’idea di uno scambio con la condizione di lavoro dei giovani perché è sbagliato, perché non è vero ma si toglie ai padri senza dare granchè ai figli, perché non si possono continuare a ridurre le persone a merce riducendo la libertà d’opinione e la possibilità di farsi valere i propri diritti perché più ricattabili. Accogliendo i passi in avanti fatti dai sindacati, occorre introdurre norme riferibili al cosiddetto “modello tedesco” e dando al giudice anche la possibilità di reintegro.


PER UN EQUA FORMAZIONE DEL LAVORATORE


L’economia ristagna, la disoccupazione giovanile a livelli da record ormai tocca un ragazzo su tre. Sono 1.400.000 i lavoratori atipici, 2.500.000 quelli a tempo determinato e in somministrazione, 500.000 gli stagisti e 400.000 le false partite IVA che nascondono altri lavori. 
Numeri a fronte dei quali il PD risponde con il progetto PRECARIETA’ ZERO, una proposta di legge per regolare il tirocinio, gli stage e la pratica professionale che sarà accompagnato da una campagna di sensibilizzazione portata avanti anche dai Giovani Democratici e dalla “repubblica degli stagisti”  presentata oggi in una conferenza stampa alla Camera da Cesare Damiano, primo firmatario della proposta, insieme con il responsabile economia e lavoro  del Pd Stefano Fassina, il segretario dei GD Fausto Raciti e da una rappresentante della 'Repubblica degli stagisti', Eleonora Voltolina. 

Per impedire che i periodi di formazione siano usate dalle aziende per coprire gratis buchi di organico, la proposta prevede che i tirocini non possano durare più di 9 mesi, che non possano essere usati per sostituire personale, che siano vietate attività manuali.
Agli stagisti deve essere riconosciuta una borsa di studio che sia pari almeno al 30% dello stipendio di un lavoratore del settore e comunque non meno di 400 euro al mese, più le spese di trasporto, i buoni pasto e l’assicurazione infortuni. 
“Questo è un pezzo importante di una strategia per combattere la precarietà. Con un'economia stagnante il mercato del lavoro soffre e a soffrire maggiormente sono i più deboli, la nostra proposta vuole essere uno stimolo per le aziende a migliorare la qualità degli investimenti, mentre oggi la competizione e' soprattutto sul costo del lavoro”. Anche per questo si propongono forti agevolazioni contributive per chi assume gli stagisti, perché è anche per risparmiare siamo arrivati alle cifre di oggi: “Ogni anno in Italia si fanno 500mila stage, una cifra impressionante, in alcuni casi aprono le porte al mondo del lavoro, in altri chi li frequenta viene utilizzato come un dipendente. Noi non vogliamo creare una nuova modalità di lavoro, ma impedire un uso distorto degli stage". 
La proposta di legge prevede poi di istituire il contratto di tirocinio, in cui sono riportati il progetto formativo e le condizioni dello stage, da comunicare al sindacato. Violazioni gravi del contratto comportano la trasformazione del tirocinio in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. 
La proposta mira a regolamentare anche la pratica professionale, con un contratto di praticantato e compenso equo, destinata ai 300mila praticanti che devono sostenere ogni anno esami di stato.
“Per garantire un duraturo rilancio economico e sociale, il mondo del lavoro di oggi deve mettere in primo piano, anche la necessità di un nuovo sistema delle opportunità: avere forme di tirocinio e formazione al lavoro corrette ed efficaci, dare sostegno alla regolarità e stabilizzazione del lavoro; dare riconoscimento sociale alla propria identità lavorativa; sostenere i percorsi di formazione continua; incentivare l’accesso e l’avvio alla professione anche quando non sia nell’ambito delle professioni tradizionali; avere specifiche reti di protezione sociale dentro e fuori dal lavoro a prescindere dalla modalità d’impiego".

IL FUTURO SI PREPARA A SCUOLA


Gli obiettivi di Europa 2020 chiedono a tutti gli Stati membri di promuovere una crescita intelligente, inclusiva e sostenibile. Per il futuro dell’Italia, per tornare ad avere alti tassi di occupazione, produttività e coesione sociale, dobbiamo raggiungere un risultato molto concreto: dimezzare il nostro tasso di dispersione scolastica e raddoppiare il numero di laureati. Solo se sapremo investire sui saperi, scommettendo sulla qualità del capitale umano del nostro Paese e su una società della conoscenza diffusa, potremo tornare a crescere. E’ la scuola che deve realizzare il “compito” che l’Art. 3 della Costituzione affida alla Repubblica, quello di rimuovere gli ostacoli di origine economica e sociale che si frappongono fra i cittadini e la loro piena partecipazione alla vita economica e sociale del Paese.


Torniamo ad investire sulla conoscenza per garantire a tutti pari opportunità di apprendimento e di educazione. La scuola, per garantire “uguaglianza e libertà”, come ci chiede la nostra Costituzione. La scuola, unico vero ascensore sociale, per ridare slancio ad una società bloccata. Non basta difendere l’esistente, dobbiamo dare a questo Paese una prospettiva di cambiamento.


Vogliamo scuole aperte tutto il giorno, tutto l’anno e per tutta la vita. Facciamo partire di qui il nostro “progetto per l’Italia”, per mobilitare energie, persone, intelligenze, per farne un nuovo movimento. Scuole aperte perché come diceva Caponnetto la mafia teme più la scuola della giustizia. Immaginiamo la scuola come luogo fondante di comunità, dove oltre ai necessari insegnamenti curricolari ci si può fermare il pomeriggio per studiare, da soli o in compagnia, trovando libri e computer che a volte gli studenti non hanno a casa, dove si può fare sport, suonare, recitare, imparare le lingue. Dove diventa un valore anche l’apprendimento non formale e informale.



COSTRUIAMO INSIEME UN PAESE PER DONNE

La piena partecipazione delle donne alla vita pubblica democratica è essenziale per lo sviluppo economico, politico, sociale e civile del Paese. Il PD ha candidato moltissime donne e il nostro sarà tra i gruppi parlamentari con il maggior numero di elette in Europa: 40%. Un risultato straordinario che darà la forza e la credibilità per affermare il diritto di scegliere delle donne: diritto di studiare, di lavorare, di partecipare a pieno titolo alla vita delle istituzioni. Di essere madri se lo si desidera. Vogliamo promuovere politiche per l’occupazione femminile, a partire dal sud d’Italia, con un grande piano nazionale per il lavoro. Vogliamo contrastare la precarietà, attuare politiche affinché l’organizzazione del lavoro, dei tempi e degli orari, aiuti la conciliazione e condivisione delle responsabilità familiari. E’ una cultura che deve cambiare.

I NOSTRI IMPEGNI
• Estensione delle tutele per la maternità come diritto di cittadinanza
• Rendere più convenienti le indennità per i congedi parentali e congedi obbligatori di 15 giorni per i padri
• Incentivi all’occupazione femminile tramite detrazioni fiscali per il reddito da lavoro delle donne con figli
• Deducibilità delle spese per assistenza ai figli e/o ai congiunti non autosufficienti
• Credito d’imposta per le assunzioni femminili, in particolare al sud ed incentivi per il rientro al lavoro delle    ultra-trentacinquenni
• Riqualificazione e rifinanziamento del fondo nazionale per l’imprenditoria femminile e potenziamento della        formazione professionale delle lavoratrici autonome
• Piano straordinario per gli asili nido ed i servizi per l’infanzia
• Rafforzamento della rete dei consultori, piena attuazione della legge 194 e politiche per la salute femminile
• Contrasto alla violenza contro le donne attraverso il sostegno ai centri antiviolenza, la creazione di un    osservatorio nazionale, la formazione degli operatori, la creazione di campagne di prevenzione e sensibilizzazione  a partire dalle scuole
• Valorizzazione del capitale umano sociale delle donne immigrate, a partire dalla qualificazione del lavoro