1. Sei giovane e sei donna come queste due categorie possono cambiare il futuro dell'Europa?
In questo
delicato periodo storico la generazione under 35, quella maggiormente investita
dalla crisi nella delicata fase della crescita, dello studio e dell’ingresso
nel mondo del lavoro, non può tirarsi indietro e deve anzi essere in prima
linea per battersi per un’Europa diversa: più giusta, più libera, più
competitiva e più forte. Per questa ragione credo che il PD debba raccogliere
l’indicazione proveniente non solo dalla sua organizzazione giovanile, ma anche
da tanti giovani amministratori, segretari di circolo, militanti e iscritti,
attivi nei più disparati campi della società civile, dell’associazionismo e del
volontariato: questa volta la nostra generazione, se davvero si è deciso di
voltare pagina, deve concorrere con una candidatura che possa rappresentarne il
punto di vista nella competizione per l’elezione del nuovo Parlamento Europeo.
La legge
per le elezioni europee consente di esprimere tre preferenze, rendendo più
agevole per ampi settori dell’elettorato e del Partito Democratico la
possibilità di scegliere di votare per una candidatura giovane senza rinunciare
a sostenere altre persone. Non chiediamo un posto sicuro in una lista bloccata
per un coetaneo, ma dal basso proponiamo di far vincere al Partito Democratico
la sfida di rappresentare la generazione under 35, sempre più sfiduciata e
lontana dalla politica, bisognosa di una proposta di forte cambiamento in
Europa. Quella generazione che nel futuro del nostro continente rimette le
proprie aspettative e le proprie speranze.
Il Pd avrà
per le candidature alle europee cinque donne alla guida delle liste del Partito
democratico nelle cinque circoscrizioni. E’ un segnale molto forte, che
dimostra la grande sensibilità sul tema della presenza femminile.
Dietro
alla svolta rosa c’è sicuramente l’impegno di farmi portavoce di alcune
questioni importanti e ancora irrisolte, come il tema dell’uguaglianza di
genere, della parità salariale e il dramma del genericidio.
Nella
nuova programmazione comunitaria 2014-2020 l’Europa ha messo a disposizione,
attraverso il piano europeo Horizon 2020, 77 miliardi di euro in sette
anni per dare una scossa alla connettività nell’Agenda digitale. L’obiettivo
di Horizon 2020 è assicurare una connessione Internet da 30 Megabit al
100% della rete e da 100 megabit al 50% a tutti i Paesi membri. Ma
gli obiettivi appaiono ambiziosi, visto che la banda larga attualmente
copre il 14% del territorio italiano contro il 54% della media Ue e pertanto le
risorse comunitarie non appaiono sufficienti a raggiungere un traguardo così
importante. A confermarlo è lo stesso Maurizio Dècina, docente al Politecnico
di Milano, il quale ha stimato che dieci miliardi di euro possano bastare solo
per ottenere il 50% delle case connesse, con la copertura dell’80% del
territorio. Egli ha inoltre sottolineato che gli obiettivi di Horizon 2020 sono
assolutamente irrealizzabili visto che in Italia esiste ancora un digital divide che priva
di connessione Internet ben 2,5 milioni di cittadini.
Personalmente
ritengo che l’Europa dovrebbe aumentare i fondi regionali per contrastare il
digital divide, perché il ritardo nell’Agenda digitale e banda
larga costa all’Italia 35 miliardi di euro. Per fortuna intanto il governo
sta accelerando su tre fronti dell’Agenda Digitale: l’anagrafe nazionale (frutto
dell’unificazione di tutte le anagrafi comunali), l’identità digitale (per
semplificare i servizi di e-government) e la fatturazione elettronica (entro
giugno 2014 la PA potrà ricevere solo fatture elettroniche).
Il
rispetto degli impegni presi è fondamentale per la fiducia nell’Italia e
nell’Ue, ma è altrettanto importante che gli obblighi di riduzione del debito
siano ponderati alla luce di fattori rilevanti come la stagnazione economica,
la deflazione dei prezzi, i forti crediti verso la pubblica amministrazione e
il bisogno di rilanciare gli investimenti.
Il candidato
dei socialisti europei Martin Schultz ha pubblicamente dichiarato di
condividere le riforme del Governo Renzi, perché non mettono in discussione gli
impegni derivanti dai trattati europei a cominciare da Maastrich. L'obiettivo
con cui infatti Renzi è salito a Bruxelles è quello di far considerare fuori
dal patto di stabilità i fondi comunitari, i soldi per rimettere a posto le
scuole e quelli per gli interventi di messa in sicurezza del territorio.
Il
semestre europeo è molto importante, non è vero che è un appuntamento burocratico.
L'Italia ci può arrivare avendo molto da dire e da fare e la revisione del
patto di stabilità interno è uno dei temi a me più cari, poiché durante l’esperienza
di consigliere comunale e Presidente della Commissione Bilancio mi sono
continuamente misurata con le difficoltà dei comuni, in particolar modo con
quelle economiche.